Alta velocità della moto: un rischio ordinario della circolazione stradale

Nella recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. pen., sez. IV, ud. 16 gennaio 2024 (dep. 8 marzo 2024), n. 9903) si è confermata la correttezza della valutazione compiuta dai giudici del merito riguardo all'inidoneità della condotta tenuta dal conducente della moto nel rompere il nesso causale del reato di omicidio stradale.

Alta velocità della moto: un rischio ordinario della circolazione stradale

Il caso riguardava il ricorso presentato dall'imputato per omicidio stradale, a seguito del mancato rispetto della precedenza da parte sua mentre guidava un furgone e stava svoltando a sinistra in un incrocio, scontrandosi il motociclo proveniente dalla direzione opposta. L'impatto con il motociclo ha portato alla morte del conducente di quest'ultimo a causa delle gravi lesioni subite.

L'imputato ha sollevato quattro motivi nel ricorso per cassazione. Nei primi due motivi si lamenta la violazione di legge riguardo all'accertamento di una condotta alternativa lecita che avrebbe dovuto tenere per evitare la causazione dell’evento. Si contesta il vizio di motivazione in merito alla c.d. causalità della colpa. Quanto al terzo motivo di ricorso, si sarebbe illogicamente attribuita alla condotta imprudente dell’imputato (il procedere ad alta velocità) valenza affinché operasse il comma 7 dell’art. 589-bis c.p. e non per l’interruzione del nesso eziologico. Infine, con il quarto motivo, si contesta la presunta violazione dell'art. 133 c.p. in relazione all’eccessività della sanzione rispetto al grado di responsabilità dell'imputato, non tenendo conto del coinvolgimento di responsabilità della persona offesa (corresponsabilità)

La Corte di Cassazione ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso, richiamando le argomentazioni dei giudici del merito. Secondo questi ultimi, sono state sufficientemente motivate le questioni relative alla colpa causale, all'individuazione di un'alternativa lecita e alla rottura del nesso causale. I giudici hanno concluso che l'imputato, alla guida del furgone su una strada a doppio senso di marcia, aveva effettuato la svolta a sinistra con una visuale libera di circa 115 metri davanti a sé. Il conducente del motociclo, provenendo dal senso opposto, ha frenato bruscamente evitando l'impatto con il furgone, ma è stato comunque sbalzato dalla sella andando a urtarlo. Le lesioni riportate hanno causato la morte del conducente del motociclo. La corte territoriale ha valutato correttamente, considerando la velocità del motociclo e la visibilità del conducente del furgone, che quest'ultimo aveva iniziato la svolta quando il motociclo era già nel suo campo visivo, a una distanza non inferiore a 54,4 metri, il che avrebbe richiesto di astenersi dalla manovra. La mancata osservanza delle regole di sicurezza stradale, evitando così l'evento, avrebbe potuto scongiurare l'incidente, a prescindere dal comportamento della persona offesa.

Queste considerazioni sono state fondamentali per gli accusatori, poiché il nesso causale non è risultato interrotto dalla condotta del conducente del motociclo, il quale stava viaggiando a una velocità nettamente superiore a quella consentita. La condotta della persona offesa rientra nei normali rischi della circolazione stradale (cfr. sez. Unite, n. 38343 del 2014).

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