Assegno alimentare per il minore: il riferimento alla residenza vale anche in caso di trasferimento forzato da un genitore
Il fatto che un genitore abbia portato via il figlio al coniuge e lo abbia spostato in un altro Paese non basta a mettere in discussione il cambio della residenza

Per individuare la legge applicabile a un assegno alimentare bisogna fare riferimento alla residenza abituale del suo beneficiario, cioè il luogo in cui si trova il centro abituale della sua vita, a maggior ragione quando si tratta di un minore in tenera età. E l’illiceità del trattenimento di tale soggetto nel territorio di uno Stato membro dell’Unione Europea non impedisce, in linea di principio, il trasferimento della sua residenza abituale nel territorio di quello Stato. I giudici sono stati chiamati a prendere posizione in merito alla vicenda riguardante due cittadini polacchi che, residenti nel Regno Unito almeno dal 2012, hanno dato alla luce due figli, rispettivamente nel giugno 2015 e nel maggio 2017. Entrambi tali minori hanno la cittadinanza polacca e britannica. Nel corso del 2017, però, la madre si è recata in Polonia portando con sé i figli e ha informato il marito della sua intenzione di restare permanentemente in Polonia con i figli, cosa che il marito ha rifiutato. A quel punto, i minori, rappresentati dalla madre, hanno proposto dinanzi a un giudice polacco una domanda di versamento di un assegno alimentare mensile nei confronti del padre, è stato condannato a versare a ciascuno dei figli un assegno, in applicazione della legge polacca. A rendere più complessa la vicenda è arrivato il pronunciamento del Tribunale che ha ingiunto alla donna di consegnare i minori al padre, constatando che essi erano stati trattenuti illegalmente in Polonia e che la loro residenza abituale, immediatamente prima di tale trattenimento, si trovava nel Regno Unito. I giudici fanno chiarezza spiegando che, ai fini della determinazione della legge applicabile al credito alimentare di un figlio minorenne trasferito da uno dei suoi genitori nel territorio di uno Stato membro, la circostanza che un giudice di tale Stato membro abbia ordinato, nell'ambito di un procedimento distinto, il ritorno di tale minore nello Stato in cui risiedeva abitualmente con i genitori prima del suo trasferimento, non è sufficiente a impedire che detto minore possa acquisire la residenza abituale nel territorio di tale Stato membro. (Sentenza del 12 maggio 2022 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)