Collaborazione scientifica tra Presidente di commissione e candidato vincitore: esclusa la violazione dell'abuso d'ufficio

È stata messa in discussione la condanna dell'uomo, che ha presieduto una commissione per una selezione pubblica vinta da un candidato di cui era stato tutor per la tesi di dottorato e con cui aveva collaborato a varie pubblicazioni scientifiche valutate durante il concorso.

Collaborazione scientifica tra Presidente di commissione e candidato vincitore: esclusa la violazione dell'abuso d'ufficio

Il caso riguarda l’accusa di abuso d’ufficio in un'università italiana: l’accusato ha, nella sua posizione di leader di un gruppo di dottorandi e presidente di un comitato di selezione pubblica per la nomina di un insegnante presso la stessa università, favorito un candidato, nonostante avesse collaborato con lui su diverse pubblicazioni scientifiche e su una tesi di dottorato. L'accusa sosteneva che avesse alterato il processo di valutazione e assegnato punteggi diversi dal bando di gara, mettendo in svantaggio gli altri candidati.

Il legale dell'accusato, tuttavia, ha confutato quest'opinione, affermando che non esisteva un dovere di astensione per il suo cliente: solo nei casi di parentela, o di un rapporto stabile e reciproco di interesse economico, si impone tale dovere. Inoltre, il legale osserva che la mancata osservanza dei criteri stabiliti nel bando non è stata presa in considerazione correttamente, poiché le testimonianze di alcuni membri della commissione avevano riferito che i criteri erano stati stabiliti prima di conoscere l'identità dei candidati.

I giudici della Cassazione, tuttavia, sostengono le obiezioni della difesa, mettendo in dubbio la colpevolezza del soggetto sotto processo. Osservano che la violazione del dovere di astensione è sufficiente per costituire l'accusa di abuso d'ufficio contemporaneamente ad un'eventuale violazione di specifiche regole di comportamento dovute a legge o normativa.

Nel corso degli anni, i giudici amministrativi hanno delineato in modo più preciso quest'ambito, affermando che, nell’ambito dei concorsi accademici, non esistono ragioni di incompatibilità se commissari e candidati condividono passate collaborazioni scientifiche o pubblicazioni comuni. Esiste un obbligo di astensione solo quando vi è un comune interesse economico così intenso da mettere in dubbio l'imparzialità del giudizio.

Sommando tutto, l'accusa di violazione del dovere di astensione può essere ritenuta fondata se l'intensità della collaborazione tra un membro della commissione e un candidato indica che la valutazione si basa su una conoscenza personale o su altri aspetti fuori dal merito accademico. Ma è chiaro che l'azione intrapresa dall'individuo sotto processo è debole, dato che non sono disponibili dettagli su un possibile interesse economico comune tra l'accusato e il candidato.

Tuttavia, ciò non assolve l'individuo sotto processo, poiché l'abuso d'ufficio può esistere nel caso di violazione di specifiche regole di comportamento stabilite da leggi o normative (Cass. n. 28595 del 16 luglio 2024).

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