Condannato per rapina per avere sottratto lo smartphone a un familiare

Inequivocabile la condotta tenuta dall’uomo sotto processo, condotta caratterizzata da un fare minaccioso nei confronti della persona offesa

Condannato per rapina per avere sottratto lo smartphone a un familiare

Sottrarre con forza il cellulare a un familiare legittima la condanna per rapina. Impossibile ridimensionare l’episodio e presentarlo come mera violenza privata. Nella vicenda presa in esame dai giudici a finire sotto processo è un uomo, accusato, tra l’altro, di avere sottratto con forza lo smartphone a un familiare. A suo carico l’accusa è pesante: gli si contesta, difatti, il reato di rapina. A fronte della condanna pronunciata sia in primo che in secondo grado, il difensore prova a ridimensionare la condotta tenuta dal suo cliente, ritenendo sia più logico qualificarla come mera violenza privata. A questa obiezione i magistrati però ribattono richiamando gli accertati dettagli dell’episodio, dettagli che evidenziano la gravità del comportamento dell’uomo, consistito nel costringere la persona offesa in un angolo e nel minacciarla al fine di farsi consegnare il cellulare. Sacrosanto perciò attribuire all’uomo il reato di rapina, anche perché, precisano i giudici, il profitto del reato può concretarsi in ogni utilità, anche solo morale, nonché in qualsiasi soddisfazione o godimento che ci si riprometta di ottenere, anche non immediatamente, dalla propria azione, purché questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa altrui, sottraendola a chi la detiene in maniera legittima. (Sentenza 8138 del 7 marzo 2022 della Cassazione)

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