Costretto ai domiciliari e beccato in una sala scommesse: destinato a tornare in carcere

Palese, secondo i giudici, la violazione compiuta, poiché l’uomo costretto ai domiciliari ha ignorato il tragitto che, come da autorizzazione del giudice, avrebbe dovuto condurlo in una piscina comunale per sottoporsi a una terapia

Costretto ai domiciliari e beccato in una sala scommesse: destinato a tornare in carcere

Condannato per evasione dai domiciliari e destinato a ritornare in carcere l’uomo che, autorizzato a uscire di casa per sottoporsi a una specifica terapia in piscina, si ferma in una sala scommesse. Per i giudici è palese la consapevolezza dell’uomo nel tenere una condotta non conciliabile con l’autorizzazione concessagli dal giudice. A inchiodarlo è però soprattutto la distanza della sala scommesse dal tragitto che avrebbe dovuto percorrere per raggiungere la piscina. Respinta la tesi difensiva secondo cui l’uomo non aveva la volontà di sottrarsi all’esecuzione della misura ma si era semplicemente recato, rispetto all’autorizzazione riconosciutagli, presso una ricevitoria per giocare una scommessa relativa ad una partita di calcio. I giudici ribattono richiamando i fatti accertati è ciò è sufficiente per confermare la condanna per evasione. Soprattutto perché è lampante la consapevolezza dell’uomo di violare non già l’autorizzazione che gli era stata concessa per frequentare la piscina comunale, ove a suo dire si stava recando essendosi limitato a fare una sosta per effettuare una scommessa, bensì di realizzare una vera e propria evasione, essendo la condotta da lui tenuta inconciliabile con le modalità e le prescrizioni inerenti all’autorizzazione che il giudice gli aveva concesso, essendosi egli allontanato per oltre un chilometro dal tragitto che Io doveva portare presso la piscina comunale. (Sentenza 18035 del 5 maggio 2022 della Corte di Cassazione)

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