Disturbo della quiete pubblica: gestori condannati su esposto di un privato
Disturbo della quiete pubblica accertato dopo un esposto proveniente da un privato cittadino corroborato dalla misurazione dei decibel delle emissioni “sonore†provenienti dagli schiamazzi di un locale.

Siamo in Sicilia e un cittadino, esasperato, denuncia gli eccessivi schiamazzi provenienti da un locale. I giudici del merito ritengono integrato il reato di disturbo della quiete pubblica perché a fronte dell’esposto del privato, vi sono delle specifiche misurazioni che riportano i decibel degli schiamazzi. Ne consegue, quindi, la condanna dei proprietari del locale. Nel ricorso per cassazione la difesa dei proprietari mette in discussione la tesi fatta propria dai giudici d’Appello e sostengono che «la rumorosità del locale non è stata accertata con strumenti appositi» in un giorno determinato, ma con controlli svolti successivamente e che non sono idonei a dimostrare quanto verificatosi nel giorno contestato. I Giudici di legittimità riconoscono che «la misurazione strumentale della rumorosità del locale è stata effettuata solo in epoca successiva alla data di consumazione del reato di disturbo della quiete pubblica» però il reato sussiste comunque «non per l'avvenuto superamento di un limite di rumorosità specificamente autorizzato, bensì perché l'attività , consistente nell'abuso di strumenti sonori, recava molestia e disturbo alla quiete delle persone». Infatti, oggetto di prova non è il superamento di un limite, ma l’idoneità dell’attività a disturbare la quiete pubblica. (Cass. pen., sez. I, ud. 30 novembre 2023 (dep. 30 gennaio 2024), n. 3788)