Espulso lo straniero ritenuto pericoloso, pur se affidatario con moglie separata e figlia
Respinta l’istanza avanzata da un cittadino albanese e mirata a mettere in discussione il provvedimento prefettizio. Per i giudici di Cassazione non vi sono dubbi: per mettere in dubbio l’espulsione è necessaria la convivenza col familiare italiano

A dare il ‘la’ alla battaglia legale portata avanti da un uomo, originario dell’Albania e presente in Italia da diversi anni, è il decreto prefettizio di espulsione consegnatogli nel luglio del 2022 e poggiato sulla sua valutazione come soggetto pericoloso con tanto di precedenti penali. Prima di esaminare la posizione del cittadino albanese, i magistrati di Cassazione ricordano che «non è consentita l’espulsione degli stranieri conviventi con parenti, entro il secondo grado, o con il coniuge, di nazionalità italiana». Partendo da questo punto fermo, viene osservato che lo straniero «non ha dedotto di vivere con la moglie, dalla quale è separato, ma ha ritenuto che deve ritenersi convivente con la figlia minore, poiché il giudice, in sede di separazione, ha disposto l’affidamento condiviso della bambina» e ha aggiunto che «nessun problema è mai emerso nel rapporto con la figlia». Tuttavia, «si deve tenere distinto l’affidamento del figlio – che può essere condiviso, appunto, tra i genitori – dalla convivenza, la quale si sostanzia in una situazione di fatto, connotata dalla effettiva e ordinaria condivisione della vita quotidiana nella stessa dimora», chiariscono i giudici, i quali annotano poi che il cittadino albanese, a seguito della separazione personale con la moglie, prima è tornato a vivere con il fratello, la sua famiglia e la loro madre e poi si è trasferito in un’altra casa, facendo però sempre affidamento sul fratello, anche dal punto di vista economico. Impossibile, quindi, sostenere l’inespellibilità del cittadino albanese.
Per quanto concerne la pericolosità sociale del ricorrente, con conseguente irrilevanza del rapporto familiare da lui instaurato in Italia, vengono richiamati gli elementi valorizzati dal Giudice di pace, ossia «numerosi precedenti penali, riferiti a tipologie di reati anche gravi (quali lo spaccio di sostanze stupefacenti» e, soprattutto, «l’analisi della personalità dello straniero e delle sue condotte di vita, che depongono per un giudizio oggettivo che giustifica il provvedimento di espulsione emesso nei suoi confronti». In questo quadro viene anche sottolineato che, come appurato dal Giudice di pace, «lo straniero non coltiva alcun rapporto con la figlia, se non in rarissime occasioni e solo a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria. E il distacco affettivo si estende anche nei confronti della ex moglie, tanto che quest’ultima ha sospettato che l’uomo si sia riavvicinato a lei solo per ottenere i ‘permessi di soggiorno’ in Italia e ha riferito che con l’ex marito non vi è mai stata una vera e propria convivenza, se non durante i primi anni di matrimonio», convivenza peraltro dovuta anche al fatto che «lo straniero scontava prima la misura restrittiva degli arresti domiciliari e successivamente l’obbligo di dimora presso l’abitazione della moglie».(Cass. civ., sez. I, 26 giugno 2024, n. 17551).