Gli insulti online del pendolare contro la società ferroviaria non bastano per condannarlo
L’uomo, esasperato, aveva espresso la sua indignazione su un gruppo Facebook nei confronti dell'azienda di trasporti. Per la Cassazione non è possibile catalogare come diffamazione l’azione compiuta dal pendolare.

Il caso riguarda un pendolare che ha cercato di ottenere un rimborso per l'abbonamento non utilizzato durante la pandemia. Anche se l'azienda di trasporti ha accettato la richiesta, il denaro non era stato effettivamente restituito al pendolare, causando così una lunga attesa piena di incertezze. Questa condizione ha spinto il pendolare ad esprimere la sua rabbia su Facebook, criticando aspramente l'amministratore delegato della società con parole dure e taglienti.
Le sue dichiarazioni gli hanno valso una condanna per diffamazione in tribunale: nello specifico, all’uomo veniva imputato di aver accusato l'amministratore delegato e la società di aver trattenuto ingiustamente i soldi destinati ai rimborsi senza fornire alcuna prova dell'appropriazione. Tuttavia, la decisione è stata ribaltata in appello, poiché i giudici hanno interpretato le sue affermazioni in un contesto di critiche legittime, considerando che il pendolare non aveva accusato la società di furto, ma di trattenere ingiustamente i fondi.
I giudici d'appello hanno sottolineato che le espressioni del pendolare non erano ambigue e si inserivano in un contesto di diffusa frustrazione tra i pendolari. Hanno quindi riconosciuto il diritto di critica e il fatto che le sue affermazioni erano veritiere.
Anche la Corte di Cassazione ha confermato che le sue parole non erano un attacco personale, ma una critica legittima all'amministratore delegato e alla società, puntualizzando che le espressioni usate facevano parte di un contesto di protesta sociale.
In conclusione, sia l'appello che la Cassazione hanno respinto l'accusa di diffamazione, riconoscendo che il pendolare stava esercitando il suo diritto di critica in un contesto di discussione sociale. Le espressioni usate, anche se forti, sono state considerate parte di un confronto dialettico legittimo e non come attacchi personali; inoltre, il particolare periodo storico e le circostanze globali hanno influenzato la valutazione delle parole usate dal pendolare, portando i giudici ad avere una maggiore tolleranza verso il linguaggio utilizzato (Cas. n. 33994 del 6 settembre 2024).