Il breve periodo di frequentazione dell’asilo nido non giustifica i maltrattamenti subiti.
Il titolare della struttura è stato condannato per maltrattamenti, inchiodato da prove come registrazioni audio e video. Le pesanti ripercussioni sulla bambina evidenziano la gravità delle vessazioni da lei patite.

Il caso in esame trae origine dalle gravi angosce, inclusi maltrattamenti fisici, verbali e psicologici, inflitti a una bambina in un asilo nido abusivo, che hanno avuto un impatto devastante su di lei. Questi abusi hanno portato i genitori a smettere di mandarla nella struttura, dopo soli sette giorni, per via delle situazioni drammatiche che sono state scoperte grazie alle registrazioni audio e alle telecamere nascoste. Il responsabile è stato processato e condannato per maltrattamenti.
In seguito al ricorso presentato in Cassazione dal legale del responsabile del nido, che ha cercato di minimizzare le accuse argomentando che non si potevano considerare maltrattamenti o abusi abituali a causa del breve periodo di sette giorni, la Corte di Cassazione ha respinto fermamente queste argomentazioni. Anche in presenza di un breve arco temporale, l'abitualità delle azioni può essere ritenuta sussistente se i comportamenti ripetuti generano sofferenze fisiche e morali che provocano uno stato di vessazione e soggezione della vittima.
Nel contesto specifico del processo, i giudici hanno osservato che le azioni vessatorie si sono verificate quotidianamente e hanno inferto alla bambina sofferenze sia fisiche che psicologiche, tanto da causarle una serie conseguenze come rifiuto del cibo, gonfiore e arrossamento degli occhi, infezione da candida, autolesionismo e disturbi del sonno. La madre, preoccupata per i sintomi manifestati dalla bambina, ha deciso di utilizzare un registratore nascosto nello zaino della bambina, che ha registrato conversazioni inquietanti che rivelavano ulteriori abusi subiti.
È lampante la gravità degli eventi e il danno subito dalla bambina, specialmente considerando la giovane età di quest'ultima, la fiducia riposta nei confronti degli educatori dai genitori, e il grave disagio fisico e psicologico subìto, causando sofferenza sia a lei che alla sua famiglia (Cas. n. 34472 del 12 settembre 2024).