La moglie è insofferente, ma non si può parlare di conflitto bilaterale nella coppia
Nei rapporti coniugali caratterizzati da un forte conflitto tra i coniugi non possono essere ricompresi quegli atteggiamenti, tenuti dalla moglie, caratterizzati da insofferenza e gesti di reazione.

La condanna di un uomo, già ritenuto colpevole in primo e secondo grado, è stata confermata in seguito a un caso di maltrattamenti prolungati nei confronti della moglie. I comportamenti violenti perpetrati dal marito hanno trasformato la vita della donna in un incubo durato oltre due anni e mezzo.
Nonostante la difesa dell'uomo abbia cercato di riequilibrare la narrazione definendo la situazione come un "conflitto" bilaterale anziché come un'aggressione unilaterale, i giudici hanno ribadito la solidità delle prove presentate dalla donna e dalla figlia. Queste testimonianze hanno confermato i comportamenti violenti e aggressivi che l'uomo ha mantenuto all'interno della loro casa per un lungo periodo.
La vittima, nonostante sia stata costretta ad affrontare una situazione di maltrattamenti, ha cercato costantemente di salvare la relazione matrimoniale e la famiglia. Gli atti di resistenza e reazione della donna sono stati evidenziati come parte di un processo di emancipazione emotiva e materiale tipico delle vittime di maltrattamenti in contesti affettivi. La donna ha mostrato una resistenza prolungata malgrado le vessazioni subite, motivata dalla voglia di preservare la famiglia e la casa, considerate fondamentali per la sua stessa esistenza. Le riprese video acquisite durante il processo testimoniano il suo stato emotivo esasperato, evidenziando segni di insofferenza e reazione in risposta ai maltrattamenti. Le prove raccolte hanno dimostrato che l'uomo ha costantemente perpetuato condotte violente di natura verbale e psicologica al fine di denigrare la persona offesa e causarle frustrazione e soggezione, rendendo così insostenibile la vita familiare. La piena consapevolezza da parte dell'uomo dei suoi atti vessatori è stata sottolineata dai giudici, i quali hanno anche tenuto conto della sua personalità aggressiva, testimoniata da un episodio in cui ha aggredito la figlia mentre questa parlava con il fidanzato. In conclusione, nonostante la difesa abbia cercato di scagionare l'uomo attraverso il concetto di "conflitto bilaterale", le prove presentate e le testimonianze hanno fornito la conferma della condanna per i maltrattamenti in famiglia subiti dalla moglie. (Cass. pen., sez. II, ud. 23 gennaio 2024 (dep. 16 febbraio 2024), n. 7153)