Lo squilibrio economico tra gli ex coniugi non basta per legittimare l’assegno divorzile
Necessario prima verificare se il divario sia dipeso dalla rinuncia, da parte dell’ex coniuge che si trova in una posizione economica più debole, a occasioni reddituali per poter contribuire ai bisogni della famiglia

Una volta accertati l’autosufficienza economica di entrambi gli ex coniugi e lo squilibrio reddituale e patrimoniale tra di loro, non è automatico il riconoscimento dell’assegno divorzile in favore della parte che si trova in posizione economica di debolezza. Prima, difatti, bisogna verificare se tale divario sia o meno dipeso dalla rinuncia, da parte dell’ex coniuge meno solido economicamente, ad occasioni in senso lato reddituali, attuali o potenziali, e ciò al fine di contribuire ai bisogni della famiglia. In questa ottica è necessario appurare se tale rinuncia abbia implicato un sacrificio economico che ha favorito l’altro coniuge, che si ritrova nell’attualità con una situazione economica stabile. Nella vicenda presa in esame dai giudici l’uomo punta a mettere in discussione l’assegno divorzile riconosciuto all’ex moglie, sostenendo che anche ella possa fare affidamento su una situazione patrimoniale e reddituale solida. Tale obiezione è plausibile almeno sulla carta, secondo i giudici, anche perché entrambi i coniugi svolgono attività lavorativa, sia pure con differenza reddituale – l’uno svolgendo la professione di medico, l’altra quella di infermiera –, e la casa coniugale è in comproprietà tra loro e va quindi considerata come patrimonio comune cui entrambi i coniugi hanno contribuito, non potendosi mettere in discussione ciò per il dato del pagamento, da parte della donna, dopo la separazione, degli ultimi anni di rateizzazione del mutuo acceso sull’immobile. (Ordinanza 12784 del 21 aprile 2022 della Corte di Cassazione)