Medicinali ad uso veterinario: qual è il confine tra cura e maltrattamento?

La domanda è sorta in relazione ad un caso di somministrazione di antinfiammatori ad un cavallo durante una corsa, al mero scopo di aumentare le prestazioni sportive dell’animale

Medicinali ad uso veterinario: qual è il confine tra cura e maltrattamento?

Inizialmente erano finiti sotto processo sia il veterinario che il fantino. Per il primo però la querelle giudiziaria si concludeva nel migliore dei modi, mentre per il fantino proseguiva il processo per il delitto di maltrattamento di animali con l’impugnazione proposta dal PM contro l’assoluzione pronunciata dal Tribunale di primo grado.

La Corte d’appello ribaltava il verdetto riconoscendo la responsabilità penale del fantino che ha dunque proposto ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte ricorda che l’art. 544-ter del codice penale (Maltrattamento di animali) punisce due condotte: da un lato la somministrazione agli animali di sostanze stupefacenti o vietate e, dall’altro, la sottoposizione a trattamenti che procurano un danno alla loro salute.

La condotta contestata nel caso di specie (somministrazione di antinfiammatori in assenza di patologie ma allo scopo di aumentare le prestazioni sportive dei cavalli) rientra nella seconda ipotesi ed è quindi pacificamente qualificabile come reato di maltrattamento ai sensi dell'art. 544-ter c.p., comma 2, in quanto espone l'animale in buona salute a situazioni di stress (derivanti dalla competizione) e rischi ulteriori che possono pregiudicarne lo stato psico-fisico.

In conclusione, la Corte rigetta il ricorso sottolineando che la somministrazione di farmaci senza specifiche necessità terapeutiche non rientra nel concetto di garanzia del benessere animale tutelato dalla norma penale (Cass. pen., sez. III, dep. 19 giugno 2024, n. 24257).

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