Messaggi e telefonate per costringere una donna a fare sesso: è tentata violenza sessuale

Impossibile ridimensionare le condotte tenute da un uomo e chiaramente mirate a violare la libertà di autodeterminazione della vittima

Messaggi e telefonate per costringere una donna a fare sesso: è tentata violenza sessuale

Pressa una donna con minacce telefoniche e ripetuti messaggi per spingerla a fare sesso con lui, e viene condannato per tentata violenza sessuale. Irrilevante, spiegano i giudici, è la mancanza del contatto fisico tra l’uomo e la donna. Ciò che conta, invece, è che egli abbia agito chiaramente per coartare la libertà sessuale della vittima e per indurla a consumare atti sessuali. Il quadro tracciato dalla donna è chiarissimo: l’uomo – con cui lei ha avuto in passato una relazione – ha tentato di costringerla a subire atti sessuali attraverso continue minacce, effettuate con messaggi o per telefono, e ha cercato di obbligarla a consegnargli la somma di 1.000 euro, minacciandola che, se non Io avesse fatto, avrebbe raccontato al marito della donna l’incontro che era avvenuto tra di loro a Venezia. Il legale che rappresenta l’uomo sostiene si debba parlare di mera estorsione, anche perché le condotte descritte dalla donna non ne hanno violato la libertà di autodeterminazione. I magistrati ritengono invece corretto addebitare all’uomo anche il reato di tentata violenza sessuale. Ciò alla luce del principio secondo cui è configurabile il tentativo del delitto di violenza sessuale quando, pur in mancanza del contatto fisico con la persona offesa, la condotta tenuta dall’aggressore denoti il requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell’idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale. (Sentenza 17717 del 4 maggio 2022 della Corte di Cassazione)

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