Non è punibile la madre che ascolta e registra le telefonate della bambina con il padre separato

Rispetto al divieto di intrusione nella sfera di riservatezza del minore, prevale infatti la necessità del genitore di tutelare i suoi diritti. Nel caso esaminato dalla Cassazione con la sentenza n. 7470/2024 la madre ha agito allo scopo di impedire che il padre violento ottenesse dal tribunale civile l’affidamento della bambina.

Non è punibile la madre che ascolta e registra le telefonate della bambina con il padre separato

La Corte d’Appello confermava la condanna di una madre per aver fraudolentemente ascoltato e registrato le conversazioni telefoniche tra la figlia e il padre separato tramite il proprio cellulare.

La difesa ha impugnato la pronuncia in Cassazione sostenendo che il giudice di merito avesse sbrigativamente collocato la vicenda nell’ambito della reciproca conflittualità tra i coniugi separati. Inoltre, sostiene la difesa che le telefonate erano ascoltate con la modalità “vivavoce”, considerando che all’epoca dei fatti la figlia aveva solo 10 anni, con frequenti interventi della donna, circostanze che escludono il carattere fraudolento dell’ascolto. Infine, viene sottolineato che, in considerazione del comportamento aggressivo del marito, l’imputata aveva non solo il diritto ma anche il dovere di impedirgli di ottenere il collocamento della minore.

La Cassazione ritiene che i primi due motivi proposti siano in realtà mere ripetizioni delle tesi difensive già analizzate – e rigettate - nelle fasi di merito.

La terza censura risulta invece fondata, in relazione ai limiti entro i quali è possibile acquisire prove che possano essere ragionevolmente dirette alla tutela dei minori. La giurisprudenza ha infatti chiarito che «la presa di cognizione fraudolenta di un genitore del contenuto delle conversazioni telefoniche tra i suoi figli minori e l’altro genitore, non è scriminata ai sensi dell’art. 51 c.p. quando il diritto/dovere di vigilanza sulle comunicazioni del minore, che giustifica l’intrusione nella sfera di riservatezza del fanciullo solo se determinata da una effettiva necessità, non viene esercitato in maniera funzionale al perseguimento delle finalità per cui il potere è conferito».

Tale situazione deve essere valutata ex ante «ponendosi nella situazione esistente nel momento in cui veniva operata l’acquisizione e non esclusivamente alla luce del concreto contenuto delle conversazioni poi intervenute». Occorre infatti mettersi nei panni della madre in quel momento al fine di comprendere la necessità della sua condotta.

Nel caso di specie, la Cassazione rileva comunque che il reato risulta prescritto e quindi annulla la sentenza senza rinvio agli effetti penali, mentre rinvia al giudice civile competente per valore la regolazione degli effetti civili.

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