Polizze vita false: la conoscenza tra venditore e sottoscrittori salva la società
Impossibile pretendere che anche la società assicurativa provveda al ristoro economico delle persone danneggiate dal venditore infedele

Nessun addebito a carico della compagnia assicurativa per la condotta infedele del dipendente – inquadrato come venditore – che ha fatto sottoscrivere a una coppia di sua conoscenza alcune polizze vita false. Di conseguenza il ristoro economico delle persone danneggiate deve essere garantito solo dal venditore. Inutile l’insistenza della coppia truffata sulla presunta responsabilità della compagnia assicurativa. A questo proposito, difatti, i giudici sottolineano, da un lato, la circostanza della pregressa conoscenza tra venditore e coppia, e, dall’altro, l’induzione, da parte del venditore, a sottoscrivere polizze grossolanamente falsificate. Inequivocabili i dettagli della truffa. Essa si è concretizzata attraverso la proposizione di finte polizze vita al fine di ottenere il corrispondente importo di premio che veniva versato dalla coppia mediante l’emissione di assegni con beneficiario lasciato in bianco e date di traenza non corrispondenti a quelle delle polizze. E pure i rendiconti prodotti non contenevano alcun elemento di autenticità, non essendo stati redatti su carta intestata della società di assicurazioni, né tantomeno sottoscritti. In sostanza, la condotta gravemente anomala imputabile all’agente infedele, per quanto in astratto attinente alla tipologia di prodotti finanziari venduti dalla società e perfettamente compatibile con le mansioni (venditore) riconosciute dal datore di lavoro, consente di dare maggiore rilievo, sotto il profilo causale, alla pregressa conoscenza del promotore finanziario da parte degli investitori poi truffati e al particolare inusuale affidamento ingenerato dal medesimo a fronte di circostanze obiettive che avrebbero dovuto invece suscitare allarme negli investitori, a prescindere dalla sua dipendenza dalla società. (Ordinanza 5429 del 18 febbraio 2022 della Cassazione)