Possibile non punibilità se per il disabile l’occupazione abusiva di una casa popolare pare l’unica soluzione
Messa in discussione in Cassazione la condanna pronunciata in Appello a carico di un uomo, paraplegico, e di una donna, finiti sotto processo per avere occupato abusivamente una casa popolare. Possibile, secondo i giudici, valutare la non punibilità, soprattutto tenendo in considerazione la precaria e irreversibile situazione vissuta dall’uomo.

Scenario della delicata vicenda è la provincia di Milano. A finire sotto processo sono un uomo – paraplegico – e una donna: a loro viene contestato di avere realizzato l’abusiva occupazione – durata diversi anni – di un appartamento di proprietà della “ALER – Azienda lombarda per l’edilizia residenziale” di Milano. Per i giudici di merito il quadro probatorio è chiarissimo, e legittima la condanna dell’uomo e della donna alla pena di quattro mesi di reclusione e 50 euro di multa a testa. Questa ricostruzione viene contestata in Cassazione dall’avvocato che difende i due soggetti sotto processo. Il legale chiede vanga riconosciuta la scriminante dello stato di necessità, vista la condizione fisica dell’uomo, tetraplegico e in cerca, assieme alla donna, di una casa adeguata alle sue esigenze. Nello specifico, viene ritenuto illogico escludere «l’attualità del pericolo di un danno grave» per l’uomo sotto processo, alla luce della «sua situazione personale» e della «inidoneità delle soluzioni abitative in precedenza da lui sperimentate o offertegli dalle strutture sociali». Aggiunge il legale che, infatti, «l’ampiezza e il posizionamento dell’immobile occupato risultavano adeguati alle esigenze dell’uomo, nonostante lo stato di abbandono dell’ambiente circostante il complesso abitativo». Infine, il legale sottolinea «l’avvenuto rilascio dell’appartamento nel maggio 2022, circostanza che attesta», a suo dire, «che l’uomo e la donna intendevano utilizzare l’immobile non come soluzione permanente alle loro esigenze abitative ma solo per far fronte ad una stringente necessità non altrimenti risolvibile». Per i magistrati di Cassazione la linea proposta dalla difesa ha un fondamento, soprattutto considerando le precarie condizioni di salute dell’uomo sotto processo, e potrebbe, almeno sulla carta, portare al riconoscimento della non punibilità. Prima di indagare la questione, i Giudici ribadiscono che «l’abusiva occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, che ben può consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dalla Costituzione, sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo». Di conseguenza, la scriminante dello stato di necessità «può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio, e non per sopperire all’urgenza di reperire un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa». Alla luce di questi principi, però, è opinabile, secondo i Giudici, la valutazione compiuta dai giudici del merito, i quali «hanno ritenuto la durata pluriennale dell’occupazione dell’immobile quale elemento ostativo alla configurabilità dello stato di necessità, pur a fronte della grave ed irreversibile situazione clinica dell’uomo». Per essere precisi, «l’uomo è paraplegico, privo del reddito necessario a procurarsi un’abitazione sul libero mercato, necessitante di costanti controlli clinici e di un alloggio adeguato a garantirgli la possibilità di spostamenti con mezzi meccanici, sfornito di significativi supporti familiari e socio-assistenziali», e «ha [inoltre] spiegato che le soluzioni abitative propostegli dalle strutture pubbliche risultavano inadeguate alle sue esigenze, in quanto solo temporanee o presso edifici incompatibili con le sue condizioni fisiche». A fronte di tale quadro, in Appello non sono state «adeguatamente valutate e comparate le esigenze di tutela della salute e dell’integrità fisica e psichica dell’uomo». E, peraltro, «non risulta coniugato secondo criteri di congruenza logica il parametro della temporaneità dell’illecito con le irreversibili condizioni cliniche dell’uomo». Possibile, quindi, almeno sulla carta, riconoscere la non punibilità, anche tenendo presente la circostanza dell’«avvenuto rilascio, nel maggio 2022, dell’immobile occupato» in modo abusivo. (Cass. pen., sez. II, ud. 15 dicembre 2023 (dep. 31 gennaio 2024) n. 4238)