Protesta No Tav, operai bloccati: manifestanti condannati per violenza privata

Il diritto dei cittadini di manifestare non può legittimare azioni minacciose o violente

Protesta No Tav, operai bloccati: manifestanti condannati per violenza privata

Legittima la condanna per violenza privata dei manifestanti No Tav che hanno preso di mira un cantiere e hanno in sostanza sequestrato gli operai. Respinta la tesi difensiva mirata a ridimensionare l’episodio, verificatosi nel novembre del 2014 nella zona di Genova, e a presentarlo come frutto del diritto dei cittadini di riunirsi e di manifestare. Al contrario, il diritto di manifestare non può legittimare azioni minacciose o violente, sottolineano i giudici. Legittima perciò la condanna di diversi esponenti del movimento No Tav, i quali, nel novembre del 2014, si piazzarono per protesta dinanzi al varco di accesso del campo base che ospitava gli operai impegnati nella realizzazione del cosiddetto Terzo Valico nella zona di Genova e, chiudendo con una catena il cancello d’entrata, sequestrarono i lavoratori, obbligandoli a sopportare la manifestazione e a ritardare le proprie occupazioni. I giudici chiariscono che ai fini del delitto di violenza privata non è richiesta una minaccia verbale o esplicita e aggiungono che integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che, nell’ambito di manifestazioni di protesta per l’esecuzione di un’opera pubblica, impedisce agli operai incaricati di svolgere i lavori previsti, frapponendosi all’accesso ai macchinari con comportamenti tali da bloccarne l’utilizzo da parte loro. (Sentenza 16149 del 27 aprile 2022 della Corte di Cassazione)

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