Reagisce all’aggressione del compagno: si configura comunque il reato di maltrattamenti in famiglia.
La tesi difensiva che cercava di attenuare l'accusa contro l'uomo, sostenendo la reciproca offesa tra lui e la donna, è stata respinta. Al centro del caso è emerso il contesto di disuguaglianza e supremazia in cui l'uomo ha esercitato le sue azioni, che lo hanno messo in una posizione compromettente rispetto alla donna

Un uomo è stato portato davanti al tribunale dopo essere stato accusato dalla sua compagna di averla abusata all'interno della loro casa. I giudici hanno concordato sulle prove presentate e quindi l'uomo è stato condannato sia in primo che in secondo grado per il reato di maltrattamenti in famiglia.
Il caso è stato portato in Cassazione, dove il difensore dell’uomo ha cercato di invalidare le accuse, sottolineando in particolare l'assenza di una relazione di dominio e sottomissione tra l'uomo e la donna. L'avvocato ha evidenziato un errore fatto durante il processo d'appello, in quanto, nonostante sia stata confermata la colpevolezza dell'uomo, si sono presentati fatti che indicano un reciproco scambio di offese, sia verbali che fisiche.
La difesa sostiene che, considerando la reciproca violenza nei comportamenti, sarebbe stato necessario esaminare più attentamente le prove; inoltre, ritengono che manchi la prova del dolo, in quanto non c'è alcuna intenzione nell'uomo di sopraffare la sua compagna.
Tuttavia, i giudici della Cassazione non ritengono convincente l'argomento difensivo che nega la presenza del reato di maltrattamenti in famiglia a causa della presunta reciprocità delle violenze, in quanto il reato si configura tramite comportamenti ripetuti che mirano a danneggiare la persona offesa, sia fisicamente che psicologicamente, riducendone la capacità di autodeterminazione.
I magistrati ribadiscono che ciò che conta non è la reciproca offesa, ma l'asimmetria di posizione in una coppia dove si verificano condotte violente: i maltrattamenti in famiglia, infatti, si differenziano dalle normali dispute per la presenza di una parte che impedisce all'altra di esprimere sé stessa, generando disuguaglianza all'interno della coppia.
Nel caso in questione, il tribunale ha evidenziato comportamenti aggressivi unilaterali da parte dell'uomo. Inoltre, i giudici hanno sottolineato che le azioni dell'uomo sono state consapevoli e volontarie in un contesto di disuguaglianza e supremazia, con la parte offesa che ha avuto la capacità di opporsi. Quindi, la reciproca offesa non elimina l'accusa di maltrattamenti in famiglia in quanto permane una disuguaglianza tra le parti (Cas. n. 32686 del 20 agosto 2024).