Rumori eccessivi provenienti dal locale: condanna inevitabile per il gestore.
Confermata la condanna per il disturbo arrecato, nel corso degli anni, alle occupazioni e al risposo delle persone residenti nelle vicinanze della struttura. Previsto anche un corposo risarcimento, cioè 6mila euro a testa, per le persone offese.

Riflettori puntati su una villa in Sicilia. A richiamare l’attenzione delle forze dell’ordine e, poi, dei giudici sono le segnalazioni di numerosi privati cittadini, lamentatisi per i rumori eccessivi provenienti dalla struttura adibita a ‘location’ per eventi. A finire sotto accusa, ovviamente, il gestire della struttura. Per lui scatta la condanna in Tribunale per il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, con pena fissata in 300 euro di ammenda, e in aggiunta l’obbligo di risarcire con 6mila euro a testa il danno morale arrecato alle persone offese.
Col ricorso in Cassazione, però, l’avvocato difensore del gestore della villa sostiene sia illogico il ragionamento seguito in Tribunale. Ciò perché, alla luce della sola ammenda comminata, l’uomo è stato condannato, Codice Penale alla mano, per un reato di pericolo riferito solo a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso, e, quindi, è insufficiente, secondo la difesa, l’avvenuta valorizzazione di rumori che avrebbero superato la normale tollerabilità, in assenza invece della verifica della violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell’autorità.
Per i giudici di Cassazione, però, le obiezioni difensive non hanno alcun appiglio plausibile. Di conseguenza, logica è la condanna del gestore della villa, poiché «fondata sulla adeguata valorizzazione di plurimi elementi convergenti nella medesima direzione accusatoria e sulla evidenziazione non solo di rumori acustici di vario tipo e non collegabili intrinsecamente ad un locale notturno – a partire dai fuochi pirotecnici – ma anche di schiamazzi dei clienti». Tutto ciò è in linea con il principio secondo cui «elemento che differenzia tra loro le due autonome fattispecie configurate dall’articolo 659 del Codice Penale è rappresentato dalla fonte del rumore prodotto: ove esso provenga dall’esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi, la condotta rientra in una previsione, per ii semplice fatto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell’autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità; qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall’esercizio dell’attività lavorativa, ricorre l’ipotesi per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità e investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il loro riposo».
Poi, per far sussistere la rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, «è richiesta l’incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l’interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori debbono avere una tale diffusività che l’evento disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare». Infatti «risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone» il gestore di un pubblico esercizio che «non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne».
Logico, quindi, parlare di fatto grave, con conseguente accertamento del forte danno morale subito dalle persone offese. (Cassazione, sentenza numero 32684, sezione terza penale, depositata il 19 agosto 2024)