Sì alla diminuente di pena per i casi di pedopornografia non gravi
La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la norma sulla produzione di materiale pedopornografico: riconosciuta l'importanza della proporzionalità nella pena

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 91 del 20 maggio scorso, invalidando l'art. 600-ter, comma 1, del codice penale relativo alla produzione di materiale pornografico tramite l'utilizzo di minori, ha ribadito l’importanza del principio della proporzionalità della pena.
La sentenza ha contestato infatti la mancanza di previsioni normative che consentano ai giudici di ridurre la pena nei casi di minor gravità.
Nello specifico, la Consulta, fermo restando il limite dell'arbitrarietà e irragionevolezza nelle determinazioni delle pene, ha ribadito l'importanza di una politica criminale proporzionata. Secondo la Corte, solo una pena proporzionata al caso specifico garantisce una vera individualizzazione e funzione rieducativa della sanzione, come previsto dalla nostra Costituzione.
In particolare, per il reato di produzione di materiale pedopornografico, la mancanza di una "valvola di sicurezza" che permetta la modulazione della pena potrebbe portare ad una sanzione sproporzionata rispetto alle caratteristiche del caso concreto. La normativa vigente risulterebbe troppo ampia, includendo condotte diverse e distinte senza considerare la gravità delle singole azioni.
La sentenza ha evidenziato quindi la necessità di una diminuente per consentire al giudice di calibrare la sanzione alle specifiche circostanze, quali modalità esecutive, coartazione sulla vittima, condizioni fisiche e psicologiche, e danni provocati.