Si dedica alla famiglia durante il matrimonio ma per problemi di salute rinuncia al lavoro dopo il divorzio: assegno sì all’ex moglie ma con una cifra contenuta
Decisivo anche il riconoscimento da parte della donna, in sede di separazione, della congruità della cifra indicata dai giudici

Legittimo l’assegno divorzile per l’ex moglie che durante il matrimonio si è dedicata alla famiglia e, soprattutto, alla crescita e all’educazione delle figlie. Impossibile, però, per lei pretendere una cifra corposa, visti e considerati la solidità economica acquisita dopo la rottura del matrimonio. In particolare, analizzando la vicenda in esame, i giudici riconoscono che la donna ha sì intrapreso una modesta attività lavorativa solo in prossimità della separazione dal marito, dopo anni dedicati completamente alla famiglia, ma, una volta ufficializzato il divorzio, ha migliorato la propria situazione economica, avendo conseguito la disponibilità della ex casa coniugale, però, allo stesso tempo, si è ritrovata senza lavoro, avendo dismesso volontariamente, per ragioni di salute, l’attività lavorativa di addetta alla mensa e non avendo prodotto un certificato medico attestante una sua sopravvenuta inabilità lavorativa. E in questo quadro si inserisce un ulteriore dato: la donna non ha dimostrato di avere cercato, seppur senza esito, un lavoro. Congrua, quindi, la cifra non corposa riconosciuta come assegno divorzile, cifra che, peraltro, la stessa donna ha ritenuto congrua, in sede di separazione, e sufficiente a garantirle il mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. (Ordinanza 8057 dell’11 marzo 2022 della Cassazione)