Spioncino a controllare il bagno della cella: impossibile parlare di condizione detentiva degradante
Inutili le proteste di un boss della camorra. Il mero disagio da lui lamentato non consente comunque di parlare di detenzione disumana

Rilevante, a tale proposito, il fatto che il posizionamento dello spioncino abbia una finalità di sicurezza, essendo stato usato solo in situazione eccezionali. Protagonista della vicenda è un boss di camorra che considera illegittima la presenza dello spioncino e sostiene che questo dettaglio gli ha causato problemi psico-fisici. I giudici ribattono osservando che il boss non ha minimamente tenuto conto delle esigenze di sicurezza addotte a giustificazione dell’esistenza dello spioncino né ha preso in considerazione la descrizione delle caratteristiche dello spioncino, che consentono di ritenerne un suo utilizzo in casi eccezionali e con frequenza saltuaria. Per chiudere il cerchio, infine, i magistrati richiamano il principio secondo cui la continua videosorveglianza del detenuto attuata con telecamera a bassa risoluzione, idonea a riprodurre solo immagini non a fuoco, installata nella cella con inquadratura verso l’area di ingresso del locale bagno, non costituisce di per sé un trattamento penitenziario degradante. (Sentenza 18679 dell’11 maggio 2022 della Corte di Cassazione)