Trasfusioni con sangue infetto risalenti agli anni ‘70: colpevole il Ministero della Salute

Impossibile mettere in discussione l’obbligo ministeriale di controllare il plasma utilizzato

Trasfusioni con sangue infetto risalenti agli anni ‘70: colpevole il Ministero della Salute

Risale già all’inizio degli anni ‘70 l’obbligo per il Ministero della Salute di controllare il sangue utilizzato per le trasfusioni. Da ciò consegue un’inevitabile responsabilità risarcitoria per eventuali conseguenze patogene subite dal soggetto a cui è stata effettuata la trasfusione con sangue infetto. Respinta la tesi secondo cui all’epoca delle prime trasfusioni ricevute dalla persona danneggiata, cioè colpita dall’epatite, le conoscenze scientifiche e i conseguenti obblighi di controllo non erano adeguatamente delineati, con conseguente l’esclusione di responsabilità del Ministero della Salute. Su questo fronte i giudici richiamano fonti normative speciali risalenti addirittura al 1958, come, ad esempio, la legge numero 296 che attribuisce al Ministero il compito di provvedere alla tutela della salute pubblica, di sovrintendere ai servizi sanitari svolti dalle amministrazioni autonome dello Stato e dagli enti pubblici, provvedendo anche al relativo coordinamento, nonché ad emanare, per la tutela della salute pubblica, istruzioni obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche che provvedono a servizi sanitari. In sostanza, la trasmissione del virus resa possibile dalla condotta colposa di chi – il Ministero della Salute – tale evenienza era chiamato ad impedire comporta doversi ritenere proprio al Ministero causalmente ascrivibile la malattia. (Ordinanza 8419 del 15 marzo 2022 della Cassazione)

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